domenica 14 giugno 2015

il blog come psicoterapia/ ricordo d'infanzia 1: il gatto lavato

Pare che non ci si ricordi nulla della primissima infanzia.
I miei ricordi più lontani sono frammenti di immagini di un viaggio fatto a tre anni, con la Ciccia -una ragazza giovane che dava un aiuto in casa, una volta si usava- che ritornava al suo paese, in Val d'Ossola, a trovare i suoi, e mi portava con sé.

Ricordo poco: le immagini catturate dal finestrino del treno e il gatto nell'acqua. Solo questo.

Era il mio primo viaggio in treno. Montagne, fiumi con i sassi bianchi, prati e cieli si rincorrono veloci. E si stampano nei miei occhi.

Ricordo dei ragazzini intorno ad una di quelle fontane di paese. Tengono un gatto grigio come la cenere.
Lo buttano nell'acqua.




"Perché lo fanno?. Non piace l'acqua ai gatti"
"Per lavarlo", mi risponde la Tata.
Non sono io quel gatto, che si aggrappa con le unghie alle maniche di uno dei ragazzini e con un balzo vola, fugge, una piccola ombra irsuta e ghiacciata.
Non sono io, ma è mia la sua paura, il suo gelo, che mi entra nelle ossa, il suo grido di violino stonato.

Ricordo il tremito che mi prende, la corsa a casa, le coperte, la cioccolata calda.
Il gatto è fuggito. Sono salva anch'io.

Non ho mai parlato di questo. Con nessuno.
Lo racconto ora alle pagine bianche.
Come in una tardiva catarsi. 

  

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