sabato 30 dicembre 2017

martedì 19 dicembre 2017

piccola storia di Enrichetta #11: zebre contro tori


Enrichetta corre dietro ad una palla di stracci.
Gliel'ha fatta Anna, con dei vestiti vecchi.
Anna guarda la sua gallina prendere a calci la palla.
"Brava Enrichetta, calcia di destro!"
Sarebbe più brava se non fosse peppola, perché avrebbe le zampe più lunghe. Vabbè che neanche Dybala è un fenicottero.
"Forza Juve, Juve alè", chioccia Enrichetta, che ha una passione per gli occhi azzurri di Marchisio.
Anna si tuffa sulla palla di pezza: "Forza Toro, facciamogliela vedere".
Tutte e due hanno il fiatone.
"Vieni che ti racconto una storia", ed Enrichetta, tra le braccia di Anna, recupera un respiro regolare.


Piccola storia di Enrichetta #11: zebre contro tori

“In una città ai piedi di alte montagne vivevano insieme zebre e torelli.
Vivevano in pace.
Andavano alle stesse scuole, negli stessi uffici, e bevevano il cappuccino negli stessi caffè.
Ma la domenica si giocava la partita. 

Undici zebre affontavano undici tori e gli animi si accendevano di passione.

Le zebre sventolavano bandiere bianconere e i tori grandi bandiere granata.
Si leggevano striscioni come ”Zebre ladre e gobbute”, “Tori minchioni” e cose del genere.

Le zebre trotterellavano eleganti, si esibivano in tiri a cucchiaio o rovesciate e avevano una cert’aria di superiorità che faceva infuriare i torelli.
I torelli colpivano pali e traverse, correvano a testa bassa e ci mettevano il cuore.

La partita rimaneva in parità, fino al sessantesimo secondo del novantesimo minuto, quando, su tiro piazzato, una zebra riusciva a mettere in rete.

“Olè!”, gridavano le zebre. “Buu”, gridavano i tori. “Arbitro senza corna!” Gridavano i tori, (e per loro questo era un insulto terribile). “Tori piangioni” gridavano le zebre.



lunedì 18 dicembre 2017

Buon Natale con i Minions



Per un sorriso natalizio, l'allegria degli ometti gialli:







Buon natale a tutti!

piccola storia con Enrichetta #10 : dieci soli

Mi è sempre piaciuto prendere il sole.
Lasciare quasi tutti i vestiti, le sovrastrutture del vivere quotidiano e civile e spaparanzarmi come una beata lucertola.
"Fa male il sole. Secca la pelle. Ti fa venire le macchie. Metti la crema 50."
Cinquanta? Come un neonato?

Io penso che il sole faccia davvero bene.
Al corpo, che si fa quasi più asciutto; al viso che diventa, se stai attento a non scottarti, di un bel miele scuro, e soprattutto allo spirito.
Fai la pace con il tuo corpo e sei tutt'uno con l'aria, la sabbia, l'acqua.

Aspetto l'estate per diventare anch'io un sasso tra tanti, immobile,caldo, felice. 

Ecco la storia numero dieci, sul sole, naturalmente:


 Piccola storia con Enrichetta #10 : DIECI SOLI

Anna e Enrichetta prendevano il sole sul prato.
“ Ne vuoi un po’?” Chiese Anna a Enrichetta, offrendole la crema solare.
“No, grazie, ho le piume. Però, che caldo con questo sole.” 
“Lo sai che in Cina dicono che, all’inizio del mondo, di soli ce n’erano dieci, non uno solo?
Erano prìncipi figli di dei, e ogni mattina partivano dal grande gelso sul quale riposavano e, a turno, percorrevano la volta del cielo.”
“ Che cos’è la Cina?” chiese Enrichetta, che voleva sempre rendersi conto di tutto.
“Un paese molto grande e molto lontano dove uomini e donne hanno gli occhi allungati come mandorle, e mangiano riso e bevono the.”

Un giorno i dieci soli ebbero la pessima idea di levarsi nel cielo tutti insieme, per divertirsi un po’.
Il caldo divenne insopportabile.
Fiori ed erba avvizzirono, le foreste bruciavano, mari e laghi e fiumi si erano asciugati, uomini e animali morivano come mosche. 
L’arciere celeste Hou Yi cercò di convincerli a ragionare, a salire nel cielo uno alla volta.
Ma non ci fu verso. 
























Allora prese il suo arco rosso come il fuoco, inserì una delle sue frecce bianche, e mirò verso i soli, paf, colpendoli come palloncini.
E uno, e due, e tre e quattro, e cinque, e sei, e sette, e otto, e nove, e stava per colpire anche il decimo sole, quando si fermò. “Questo può tornare utile.”
E ripose l’arco rosso e le frecce bianche.”

“Dieci soli! Che storia.” Pensò Enrichetta.
“Fa già caldo così.”
E si mise un po’ di crema solare sul becco.
Perché lì non aveva le piume.

gran pizza al "duc do ciat" a Bardonecchia


Siamo clienti affezionati del "duc do ciat", una piccola pizzeria a Melezet, un po' sopra Bardonecchia.
Non so se il nome l'ho scritto bene. Deve essere occitano. Significa: "la tana del gufo", e in effetti vi sono gufi dappertutto. 
Tovagliette con gufi sorridenti, gufi di legno, di paglia, dipinti, intagliati, intrecciati.
Ti guardano con i loro occhioni tondi e ti fanno simpatia.
Il locale ha un po' della cantina scavata nella roccia, intorno a due colonne portanti. Piccolo, accogliente. Devi prenotare per tempo perché la pizza è buonissima e la farinata davvero speciale.
Farine selezionate, ingredienti di ottima qualità, un ricco assortimento di birre da abbinare, servizio attento e veloce anche se c'è sempre tanta gente.
Assolutamente da provare.













Ad accoglierci, tra due mura di neve, un sorridente omino di neve ci offre una "frozen pizza" e una bottiglia di birra.
Per occhi ha due tappi di birra e un sorriso di ciottoli.
Dovete provarlo, questo piccolo posto affettuoso.
Ma prenotate per tempo.

sabato 16 dicembre 2017

Un albero di cristallo per Natale


Quand'ero piccola papà  comprava un abete vero. Lo sceglievamo insieme a Porta Palazzo.
Doveva essere alto e pieno di fronde.
Aveva il vaso, con tanto di radici.

Per me era il più  bello e il più gigantesco di tutti.
Riempiva di un verde lucido quasi tutto il salotto. La sera facevamo i turni ad annaffiarlo,  mia sorella ed io.
Poi, per almeno due giorni, papà  lavorava alle luci.
I decori erano tutti di vetro trasparente, delicati come piccole nuvole. 
Ad ognuno veniva tolto il sigillo con il cordino, e papà  vi inseriva una lucina. Un metodo unico, che ho imparato e trasforma anche ora i miei alberi di Natale in qualcosa di magico.
Sono, con il tempo, andate distrutte la luna che stava in alto e la rosa iridata che stava a metà. Ora trovo solo palle poco trasparenti, prive di quella fantastica iridescenza di una volta.
Qui a Bardonecchia ho fatto un albero tutto bianco, un poco lunare, un albero di cristallo.











Quando preparo l'albero penso sempre a mio padre.
All'amore e alla pazienza che ci metteva, per regalarci una magia unica, che ci teneva incatenate a guardare con gli occhi pieni di meraviglia.

Ricordo che un nostro abete sopravvisse a lungo, finito il Natale, sul balcone di casa.
Allungando rami e caricandosi di piccole pigne, pronto per vestirsi di nuove luci la notte di Natale.

venerdì 15 dicembre 2017

Lusso a Singapore


Singapore, città stato della penisola malese, a un centinaio di chilometri dall'equatore,è- dicono- il quarto centro finanziario mondiale.
38 gradi all'ombra e un pesante tasso di umidità che ti penetra tra pelle e camicia: può non essere il posto più gradevole del mondo.

Ma nell'albergo lussuoso c'è aria condizionata a palla, e sul tetto la grande piscina a sforo davanti a un panorama incantevole.















Per le strade e nei centri commerciali si ricrea l'atmosfera natalizia, un po' incongrua nell'ambiente tropicale, con lo sfarzo di neve sintetica e lustrini e mille ghirlande di luci.








E' tutto lucido, pulito, pettinato, perfetto.
Se butti una cartaccia per terra sei sanzionato in maniera pesantissima.
Un mondo asettico e fiorito, dove puoi comprare tutto il lusso che vuoi; basta avere dei soldi.
Baracche, poveri? Sembrano non esistere.
Li hanno nascosti sotto il tappeto.

piccola storia di Enrichetta #9 : Nove piccole muse



Enrichetta aspettava che Anna finisse di studiare storia.
Aveva giocato nell'erba e mangiato una tazza di semi di mais.
Corse verso Anna, saltando su una zampa sola, così, tanto per farle vedere che era agile e ginnica.
"Che storia mi racconti, oggi?"
"Una storia che parla anche di musica":

Piccola storia di Enrichetta #9 : Nove piccole muse

“Il re degli dei si sposò un giorno con Mnemosine.
Il matrimonio durò solo nove giorni.
E nacquero nove bellissime bimbe, le Muse.
Erano vivacissime e pestifere, e Mnemosine ogni giorno era più stanca del precedente.
Una sera Erato ed Euterpe avevano gettato tutti i gessetti colorati addosso a Polinnia Calliope e Melpomene, che avevano risposto con un fuoco incrociato di cocopops, risociok e anellini al miele.
Clio urlacchiava i nomi degli eroi, e Gea disegnava monti e fiumi sui muri.
Urania dipingeva il tappeto di costellazioni, mentre Tersicore saltava piroettando dal tavolo al lampadario al divano.

Mnemosine capì che stava per diventare pazza. Dopo essersi messa in testa il barattolo del caffè, cercato di lavare la tovaglia con una banana, e di surgelare il gatto, chiamò in soccorso Apollo, lo zio delle Muse.

Apollo era bello come il sole, cantava come un dio e insegnava musica anche ai bimbi delle orchestre Suzuki.
“Qua ci vuole la disciplina della musica!”
Due ore di vocalizzi, tre di solfeggio, due di scale e quattro di canto corale.

Alla fine della giornata le piccole Muse erano così stanche che si addormentavano come sassi.
Mnemosine riacquistò la memoria e la salute mentale. 
























E le Muse impararono a cantare così bene che stravinsero al concorso musicale tra le scuole.

La loro musica era così bella che si fermarono le acque dei fiumi e il monte salì fino al cielo.”

“Esiste un concorso di canto per galline, tipo un X Factor per volatili?” Chiese Enrichetta, interessata.
“Non credo proprio”, rispose Anna.

“Pazienza” sospirò Enrichetta, che, come Anna, aveva davvero un buon carattere.

mercoledì 13 dicembre 2017

piccola storia di Enrichetta #8: quante zampe ha un polpo?








Polpo e patate, polpo alla gallega, con un po' di pimiento rosso: squisito!
Mi piaceva un sacco.
Ora non lo mangio più.
Da quando ho scoperto che il polpo è un animale intelligentissimo, quasi geniale.




La giornalista scientifica Katherine Harmon Courage ne parla nel suo interessantissimo libro:  





Scopriamo che il polpo vive nei fondali sabbiosi,cambia colore a seconda delle necessità, anche 177 volte, è solitario e cannibale, e fin qui niente di che.

Ma scopriamo anche che ha grandi occhi più perfezionati dei nostri, con cui guarda il mondo in modo curioso.

E ha un cervello evoluto molto, molto intelligente.
Utilizza le conchiglie come utensili, ed è in grado di svitare i tappi dei barattoli, anche quelli a prova di bambino.

Insomma, non lo mangio più.

Guardate qua, come apre il barattolo in cui è rinchiuso svitandone il tappo:







Pazzesco, vero?

A proposito, ecco la piccola storia numero otto, da cui si capisce che il polpo ce la fa persino, petulante e tenace, a "impapocchiare" il Signore:



OTTO: COME IL SIGNORE DIEDE AL POLPO 8 PIEDI

Il Signore aveva già fatto tutti gli animali del cielo, della terra e del mare.
Gli restava solo un pezzettino di pongo.
Ne fece una pallina, ci soffiò sopra e lo buttò in mare.
“Ecco il polpo. Ora posso riposarmi un po’.” 
”Signore, Signore.”
Una vocina petulante lo chiamava.
“Sono io, il polpo.” “Cosa c’è? “
“C’è che mi hai fatto solo la testa.”
“Così sei intelligentissimo.”
“ Ma voglio gambe e braccia. Voglio muovermi e pescare e non sembrare solo un grosso testone.“
Il Signore gli plasmò quattro bei tentacoli e stava per ributtarlo in mare.
“Signore, Signore.” “ Ma cosa c’è ancora?”
“Quasi tutti gli animali hanno quattro zampe.Io voglio essere speciale.”
“Ti va bene che sono troppo stanco per discutere.”
Il Signore divise ogni tentacolo in due, facendone otto, ci soffiò sopra  e ributtò il polpo in mare.
























”Otto zampe! Grazie Dio! Mi chiameranno Octopus, quelli che ne capiscono qualcosa!”

“Otto zampe, che esagerazione!” si disse Enrichetta, che era anche un po’ stufa di tutto questo parlare di zampe di dita e di piedi.







Teddy bears da Singapore




Vi piacciono gli orsetti?
A casa mi chiamano Teddy, teddino, per un tratto affettuoso e "orsacchiottoso", per così dire, del mio carattere.
Come si fa a non amare gli orsetti?
Eccone una bella scelta.






































Arrivano da Singapore, in occasione del Natale.

favole in Piemonte



Finalmente è uscito!
Un librino di favole  che attingono alla tradizione popolare. Che parla di Masche, le streghe burlone delle nostre campagne, di luoghi e di storia.
Se volete sapere qualcosa di più della Sacra di San Michele, o del lago di Avigliana, o vi interessa la storia dei Savoia, o semplicemente volete leggere delle favole ben scritte, questo libro è per voi.
Da leggere tutto d'un fiato o da riscoprire leggendolo ad un bimbo.
L'ha scritto mia sorella. 
Naturalmente lei pensa che ci siano tante piccole cose da rivedere: i due punti, le virgolette, i punti e virgola...
C'è poco da fare. Sempre "il curaorecie"...









Io ho curato le illustrazioni. 
Mi sono divertita a riscoprire con occhio nuovo luoghi del Piemonte che pensavo già noti.
A rivedere vicende di storia perdute nella memoria.
A seguire incantesimi e amori, principesse, 
principi e animali parlanti.


martedì 12 dicembre 2017

neve nuova a Bardonecchia


Finalmente è scesa la neve a Bardonecchia.
Più di un metro di neve per un Natale soffice e silenzioso.
Scuole chiuse. Migranti in difficoltà sul Colle dellaScala.
Rochemolles evacuata per un giorno, a rischio valanghe.
La neve non è solo magica poesia.


 

Anche se ci fa sognare.
Chiudete gli occhi e sognate.


domenica 3 dicembre 2017

mi manca- un po'- il cane : escluso il cane


Ho restituito il cane alla sua padrona.
Le ha fatto mille feste e mi ha salutato con una leccata distratta, lo sguardo un po' umido.
Insomma, un poco mi manca.
Non i suoi abbai da inutile guardia di scala e portone.
Mi manca la passeggiata del mattino, presto presto, nel freddo nebbioso di Piazza Arbarello.
Mi mancano i suoi occhi teneri, il suo affetto gioioso, che mi investe come una valanga e devo evitare con preveggenza.
Mi manca il suo amore incondizionato, senza parole.
















Rino Gaetano ce ne ha parlato, di questo amore buono, privo di parole.

Buona serata a tutti.

piccole storie di Enrichetta #7: il piccolo naviglio



Anna se ne stava sul prato. Guardava le nuvole viaggiare nel cielo,lievi e veloci, 

come brandelli di fumo.

"Non devi studiare scienze?" Le chiese Enrichetta.

"Si, ma non ne ho voglia"

"Annaffiamo i pomodori?"

"Non ne ho voglia. Oggi non ho voglia di fare niente."

Anna continuava a guardare le nuvole.

Enrichetta svolazzò fino al melo. Poi congiunse in alto le ali.

"Sono Tania Cagnotto. Tuffo carpiato all'indietro. Coefficiente di difficoltà 8."

Prese fiato e si buttò dal ramo, con una piccola giravolta impacciata.

Anna si mise a ridere. Enrichetta era proprio buffa, con tutte le piume arruffate, 

la cresta spettinata e le corte zampette per aria.

"Va meglio, ora? Non sei più imbambolata"

"Non ero imbambolata. Ero un po'... Non so. Distante. Come il piccolo naviglio." 





#7: IL PICCOLO NAVIGLIO


“C’era una volta un piccolo naviglio”. Cominciò a raccontare

 Anna.

“Cos’è un naviglio?”, chiese Enrichetta, che voleva sempre

rendersi conto di tutto.

È una nave piccola, che naviga sui mari ma può anche


navigare sui fiumi.

Questo naviglio aveva navigato tanto, partendo all’alba e

tornando al tramonto.

Aveva visto le bianche scogliere di Dover e le spiagge dei

Caraibi, il sole sul Nilo e i pescatori di perle del mar del

Giappone.

Si sentiva stanco.

“Che senso ha continuare a navigare?

Tutto è uguale dappertutto.

A est come a ovest i bambini non vogliono fare i compiti delle

vacanze e non vogliono mangiare le verdure.

Non ho più voglia di navigare.

Me ne starò sdraiato sul divano,a bere Coca-Cola e guardare

la televisione.”

E così fece, per una, due, tre, quattro, cinque, sei e sette 

settimane.

Finché non cominciò a sentire nostalgia del profumo del

mare.

Del vento in poppa e del rumore delle onde contro la chiglia. 




Allora levò l’ancora e ricominciò a navigare.

“C’era una volta un piccolo naviglio

che non voleva non voleva navigar.

Ma dopo una due tre,

quattro cinque sei,

e sette settimane

il piccolo naviglio

riprese a navigar.”


“Io lo so che cos’è successo al piccolo naviglio.


Aveva perso il gusto di vivere.

Ma poi l’ha ritrovato”. Disse Enrichetta.

Anche Anna la pensava così.

E non disse nulla.

Perché non c’era proprio nulla da dire.

Nepal: La kumari di Kathmandu


Lei si chiama Trishna Shakya, ha appena tre anni, ed è la nuova Kumari di Kathmandu.
Kumari significa "vergine" in sanscrito.
Trishna è l'attuale Kumari, la reincarnazione della dea indù Taleju Bhawani. 
L'hanno scelta tra altre piccole di casta Buddista delle famiglie Newar, la stessa d'origine del Buddha.
È stata selezionata, in base a tredici o trentadue- le fonti non sono d'accordo- criteri fisici di bellezza e di perfezione.
Deve avere pelle fine ed intatta, nessuna cicatrice, "petto di leone", "cosce di daino", 20 denti perfetti...
E ad altri, importantissimi criteri caratteriali.
Deve essere tranquilla, serena, equilibrata, assolutamente non capricciosa. 
Il suo carattere è stato testato in prove paurose.










Eccola vestita di rosso, che sarà il colore dei suoi abiti, con le calzine che porterà all'interno del palazzo. 
Nelle tredici uscite ufficiali non toccherà mai il suolo, fonte di contaminazione. 
Uscirà in portantina e dimenticherà le scarpette.
Non andrà a scuola. 
Vivrà, lontana dalla famiglia e isolata dal mondo, nel Kumari Bahal, il palazzo  di mattoni rossi che sorge in Durban Square, nel centro di Kathmandu.

































Sarà l'onnisciente dea bambina fintanto che non si ammalerà, non si ferirà, non entrerà nella pubertà.
Pronta ad essere rimpiazzata da un'altra piccola perfetta, quando uscirà dal palazzo per sempre, con il dono di una piccola pensione a vita.
Uscirà spersa, impreparata - anche se ora viene affiancata da un tutor-, destinata al nubilato perché il mito dice che lo sposo di una ex Kumari non può sopravvivere.

Pare invece che tutte le Kumari deposte si siano sposate senza lutti. 
Alcune sono faticosamente riuscite a reinserirsi in una vita da "umana".
Dopo aver vissuto la terribile solitudine di una dea.