martedì 16 agosto 2016

Lavanda e farfalle

Nelle aiuole sotto casa nostra, due vasconi di cemento, ho piantato anni fa piccoli cespi di lavanda.
Ora sono immensi e profumatissimi.
Sono la meta di bombi dorati e di farfalle.
Bianche, gialline,  rossicce.
Anche loro sembrano fiori. 




Buona serata a tutti.



Ferragosto col cane sopra alle Chaffaux

Eccolo qui il nostro cane adottivo.
























Ha un bel mantello scuro screziato di meches dorate, e macchie bianche sul muso e sul petto, come un Border collie.
Nella foto ha le orecchie rovesciate,  come le capita dopo una corsa.
Tu ti spettini e devi ravviarti i capelli. Lei si spettina le orecchie, e devi rimettergliele a posto con una carezza.
Per amor suo abbiamo rinunciato ad un picnic di ferragosto in casa di amici, su a Rochemolles, dove ognuno ha portato una prelibatezza e non si corre il rischio della pioggia.
Saliamo verso le Grange Chaffaux, convinti che il gran traffico di ferragosto si è concentrato in Valle Stretta e al Colle della Scala.
Melita è un tozzo di pane, un cane dolcissimo che si rifugia nella vasca da bagno quando ci sono i temporali.
Ma ci tiene a fare un po' di scena e finge di essere un cane cattivo.
Così abbaia con aria minacciosa se incontra qualcuno, e si esibisce in un ringhio spaventoso se incontra un altro cane.
Gli altri finiscono per crederci, alla sua indole malvagia, così  dobbiamo legarla quando avvistiamo qualcuno.
E lei tira come un cammello.
Io viaggio leggera, grazie al ginocchio sifulo e alla mia fragilità femminile.
Lui porta uno zainone come fosse uno sherpa e trascina Melita che si inchioda per aspettarmi.
Purtroppo sono aperte le cappelle affrescate, ci sono cani persone e bambini, e Melita viaggia un po'  libera e un po'  legata.
Arriviamo ad un pianoro piccino, un fazzoletto di prato tra larici e alberi da frutto.

















La vista è  stupenda.
Il tempo di gustare il picnic: panino al prosciutto, formaggi e uva, e cominciano a cadere grosse gocce di pioggia.
















Mlelita si esibisce nello scavo di una buca per nascondervi il pezzo di pane da mangiare in tempi di carestia.
Ci fa la posta e ottiene piccoli pezzi di formaggio e acini d'uva.
Io mi barrico nei pantaloni lunghi e nel golfino perché  anche gli insetti del posto fanno il picnic a spese mie, gustandomi con gioia selvaggia.
Anche Melita è circondata di un nugolo di insetti che si spostano con lei, come una nube vivente.
Scendiamo veloci. La pioggia è già  finita.
Nei tratti in cui è libera Melita corre come un cerbiatto. Se non stai attento ti travolge a valanga. Gioca con i bastoncini di legno. Si ruzzola lungo le scarpate.
È un cane felice.
Dai che valeva la pena rinunciare a Rochemolles.


domenica 14 agosto 2016

Polmonite alle Molinette: breve intervista all'amico "quasi risanato"

"Mi sento come un uovo sbattuto.
O uno straccio bagnato appena uscito dalla lavatrice".
Il nostro amico è appena tornato a casa dopo una polmonite.
E' un atleta, e forse una degenza in ospedale incide ancora di più, su di un fisico come il suo, abituato all'aria aperta, alla sensazione di forza e padronanza del proprio corpo, di quanto farebbe su una persona comune, che si destreggia in banalità quotidiane.
Lo sento un po' fragile, quasi sperduto.
Non ha perso la sua verve ironica e mi fa sorridere con i suoi resoconti ospedalieri.
Ora si gode la tranquillità della sua casa ritrovata, le coccole delle sue donne amorevoli, l'orizzonte delle montagne che ama.
Lo intervisto  sul menù dell'ospedale e mi fa decisamente ridere.
Vabbè che la polmonite non favorisce l'appetito, e certo neanche il cocktail di antibiotici in vena, ma il resoconto del pasto ti fa pensare al cibo per cani.
La pastasciutta ti arriva durissima, in formato mattonella. Fredda, tanto fuori c'è il caldo d'agosto e forse è meglio così. Il sugo rosso è una colatura di piatti. L'insalata a bande larghe ti impegna le mandibole in un prolungato sforzo di triturazione.
Ottime le cure mediche, la gentilezza del personale, che poi è quello che conta.
Dopo essere stato rimpallato da un "pronto" all'altro, da medici un po' scettici e un po' frettolosi, guardato come un noioso od un visionario, ha trovato alle Molinette gli esami corretti, la diagnosi appropriata, le cure adeguate.
Dimentichiamo la "struttura alberghiera". La mancanza dell'aria condizionata. Gli spifferi  letali dei servizi igienici raggiunti con affanno nelle crisi di tosse.
E' stato curato bene ed è questo che conta.
Ora ha tempo per riflettere sulla polmonite. Mi cita Churchill, -non so se ricordo bene- che l'ha definita "l'angelo degli anziani". Perchè ti affievolisce con garbo, giorno dopo giorno, ora dopo ora. Ti spegne senza che tu te ne accorga, con infinita dolcezza.
Riflessioni non proprio allegrissime.
Dai che poco per volta ti riprendi del tutto.
Dimenticati le minestrine e la pasta mattone. 
Una passeggiata nelle ore più calde. Il riposo ed il cibo accurato. L'affetto che ti circonda di calore.
Magari, per la fine dell'estate potrai fare un'arrampicata breve, carezzando la roccia con dita sicure, cercando le prese con quel gesto che è quasi una poesia. 

sabato 13 agosto 2016

Tramonto in rosa al Duc do ciat

Una pizza al "Duc do Ciat", al Melezet.
Vuol dire la tana del gufo, e in effetti ce ne sono tanti, disseminati in giro.
Pizza e farinata buone, servizio gentile e veloce. Ambiente molto rustico e carino, col soffitto a volte basse, il caminetto, gli arredi di legno. Se non c'è  la pizza di fine anno dei bambini si riesce anche a parlare. Altrimenti rimbombano i suoni e capirsi diventa un'impresa impossibile
Usciamo e la serata ci regala un tramonto dai riflessi di pesca, che carezza la vetta lontana.
















L'immagine si avvicina appena al reale.
Ma evoca le pennellate calde sul cielo violetto.
Buona serata a tutti.

venerdì 12 agosto 2016

All'Aljafería di Saragozza

Oggi visitiamo il castello dell'Aljafería.
















Troviamo un baruccio aperto e facciamo una colazione veloce, cappuccino, un po' schifido, alla spagnola, e croissant, un po' schifido, alla spagnola. 
La visita è gratis ed è guidata.
La nostra guida è  una signora graziosa, dolcemente rotonda, che si tormenta i riccioli biondi con un tic vezzoso. 
Inizia parlando adagio, e capiamo tutto, poi accelera gradualmente e diventa quasi incomprensibile. 
Ci fa notare le caratteristiche arabe di questa fortificazione, che nasce come palazzo tra il IX e l'XI secolo, con particolari simili all'Alahambra.
C'è un patio meraviglioso, verde di aranci, con l'"alberca", la fontana ricca di acqua. 























È una sorta di metafora architettonica del paradiso islamico: verde e acqua come in una preziosa oasi. Mi incanto ad osservare trine e merletti degli archi plurilobati del portico. 
































La moschea è  un piccolo spazio suggestivo. Ricorrono i colori del paradiso islamico: l'oro, il rubino, il bianco, l'azzurro.
Passiamo veloci di sala in sala. 
Cambiamo luogo ed epoca.
Da palazzo islamico la costruzione diventa palazzo cristiano medievale. 
Palazzo di Isabella e Ferdinando d'Aragona.






























Centro Cattolico sede dell'inquisizione. 
Sempre più  simile ad una fortezza che ad un palazzo. Con la torre del Trobador, scenario del romantico dramma di Antonio Garcia Gutierrez, ripreso da Giuseppe Verdi nel suo Trovatore. 
Oggi il Palazzo è sede del Parlamento di Aragona.
Ci sediamo sui banchi dei Parlamentari, dopo una sommaria pequisizione dei nostri zaini.
La sala parlamentare non ha finestre e mi sembra opprimente.
Usciamo nel cortile assolato.
Un applauso alla nostra guida carina, che ci saluta con un bel sorriso adorno di fossette.
Un saluto a Saragozza,  accogliente, pulita, carica di storia. 
Solo un po'  torrida.


giovedì 11 agosto 2016

Riflessi nel bosco




Guardo con rimpianto il lontano pian delle Stelle.
Non tanto tempo fa era per me una meta facilmente raggiungibile.
Ora stiamo facendo questa piccola passeggiata fino alle Grange Serres, per un picnic con gli amici.
Colonizziamo tutte le grange della valle. Ci sentiamo di casa a questi tavoli abbandonati, sulle panchine ombrose.

Mi sembra di essere immersa in un quadro di Monet.



















I rami degli alberi lungo il sentiero compongono un tunnel di luci e di ombre.
Su di noi il gioco dei riflessi di sole.
Proprio come in un quadro.

A Saragozza: Madonna del pilar e goya



Finalmente in Spagna.
Siamo a Saragozza.
L'albergo è fastoso, rispetto alla spoglia sobrietà di Lourdes e anche in assoluto.
Infiliamo l'acqua minerale e residui di frutta acciaccata e appiccicosa nel piccolo frigo.
Una doccia veloce, che faccio con la doccetta a manubrio perchè non riesco a capire quali pulsanti schiacciare e non voglio chiamare aiuto.
La demente di turno. 
Poi ci immergiamo nel caldo tropicale. Io viaggio nel mio bozzolo di febbricciattola che è quasi protettivo. 
Procediamo su una larga avenida alberata su cui si affacciano tiendas dai marchi noti. La globalizzazione ha ucciso l'unicità dei posti. Sembra di essere a Torino.
Ecco la Basilica del Pilar. Immensa, tutto un fiorire di cupole piastrellate in verde giallo e bianco, quasi moresche, e pinnacoli aerei.















Prendiamo l'ascensore e poi ci inerpichiamo avvitandoci sulla scala a chiocciola.
La vista sull'Ebro è impagabile.
Vagabondiamo per piazze e stradine. fontane e giochi d'acqua. Turisti e bambini. Gelati e refrescos.
Arriviamo ad un piccolo raccolto Museo dedicato a Goya. Ritratti, incisioni, disegni.
Ci siamo solo noi. L'ingresso è gratuito e i custodi ci seguono con garbo discreto e grandi sorrisi.
Ritratti stupendi, che colgono l'anima. 










Mangiamo di fretta in uno dei mille caffè, lui un boccadillo e io un'insalata vagamente esotica.
Per tornare veloci in hotel. Ci aspetta la partita, che io non seguirò.
Tachipirina, acqua tepida e ossa a riposo.  Che beatitudine.

giovedì 4 agosto 2016

Il fresco dei Pirenei

Il nostro avvicinamento alla Spagna prosegue.
Oggi valichiamo i Pirenei, comodi comodi, nella nostra auto con l'aria condizionata e il riscaldamento al bisogno.
Saliamo e il panorama è grandioso. La montagna aspra ci riempie gli occhi di verde bianco e violetto.










Al passo mangiamo all'aperto, un po' di pane e formaggio, ad un tavolo da picnic, mentre il cielo si oscura e l'aria si fa di ghiaccio.
Scendendo verso la Spagna, un gregge di pecore ci attraversa la strada.
Lente, pacifiche, lanose.



















Ci guardano con occhi mansueti e si prendono tutto il tempo del mondo.
Secondo me lo fanno apposta, e ridono di noi  tra di loro, con risate che sembrano dei belati.

bye bye, pesce luna

Avete mai visto un pesce luna?
Sono partiti per una giornata di pesca sul mare di Cullera il giovane quattordicenne, che avrebbe volentieri rinunciato all'avventura per qualche ora di sonno in più, la quasi undicenne sempre pronta a nuove esperienze e il quasi settenne che divora libri di pesca e sa tutto su mosche lenze, pesca di mare e di fiume  
Prestissimo, con la barca a motore che parte dal fiume Jucar. Solo una tettoietta per proteggersi dal sole, le canne da pesca in dotazione, i panini che non hanno mangiato perché si faceva sentire il mal di mare e vomitavano tutti.
Come ha detto il figlio vegano"proprio uno spasso", per i pesci e per i ragazzini.
Hanno pescato saraghi orate e triglie.
E uno splendido pesce luna, che ha un faccione contento, forse perché  è un pesce protetto ed è stato rimesso in libertà. 
Con tanti saluti ai saraghi e alle orate.




























La sera gran sugo di triglie e saraghi e orate al forno.
O meglio, tra forno e padella. Il forno ha deciso, forse per solidarietà, di finire la sua vita terrena.

Ci sorride il pensiero del pesce luna, libero e felice nel lontano azzurro del mare.

A Lourdes

Nel nostro itinerario di viaggio lui ha inserito Lourdes.
Ci va tutti gli anni, per una settimana, che si ingegna a inserire nella sua febbrile attività di lavoro, tra un impegno e l'altro.
Non so come fa, ma ci riesce sempre.
Arriviamo il primo pomeriggio. Il tempo è grigio, freddino, e minaccia pioggia.
Passeremo la notte in una cameretta spartana, due brande e i comodini. Ma c'è la doccia che funziona benissimo e una grande vetrata da cui si vede il santuario. 









E poi è la stessa, sobria sistemazione della sua settimana di lavoro.
Vedere come vive, dove si muove, cosa fa, quando parte con un gruppo di amici impegnati come lui, mi interessa quasi quanto ripercorrere i luoghi di Bernadette.
Sono emozionata, con un filo di paura che affiora lento dentro di me. Paura di essere respinta, urtata nella mia scettica sensibilità, nella mia fede tepida e un poco distante.
Ho molto amato la Bernadette del libro di Franz Werfel, che ho riletto più volte.








Ecco il Gave, maestoso e solenne.
Lui mi guida attraverso all'Esplanade, che mi pare immensa, alle tre Basiliche, alla Grotta.
Mi indica la pietra sulla quale si inginocchiava Bernadette durante le apparizioni.
Intorno a noi c'è il silenzio dei pellegrini raccolti in preghiera, appena interrotto da mormorii a fior di labbra, da fruscii di rosari sgranati.







Sopra la grotta si erge una delle tre basiliche, alta, austera. Mi piace la sua sobrietà, il colore grigio delle sue pareti, che la rende una roccia sopra la roccia.
Non mi piacciono le statue bianche, spigolose, sofferenti, della via Crucis.
Non mi piacciono le statue bianche e celesti, la grande corona dorata sull'ultima basilica.
Mi sento sciocca e superficiale a trovare da ridire su particolari accessori, mentre intorno a noi si muove una piccola folla di malati sereni, accompagnati da persone attente, con gli occhi luminosi.



















La sera mi porta a mangiare a Barthres, in un delizioso ristorante niente affatto sobrio.
Mi fa vedere altri luoghi di Bernadette: i prati del pascolo, l'abbeveratoio delle pecore.
Il giorno dopo mi conduce "lungo i passi di Bernadette", al vecchio mulino della sua infanzia, al "Cachot", alla casa parrocchiale di padre Peyramale.






Mi spiega le cose senza enfasi, senza retorica.
Mi piace molto questo rivisitare luoghi che mi parlano senza clamore. 
Lourdes ha strade, piazzette, locali.
Angoli strani come questo, con coperchi e pentolami appesi al muro. 






Nemmeno i mille negozietti di immagini, ceri, statuette, rosari, mi disturbano.
Provo l'emozione semplice di ripercorrere i passi di Bernadette.
Nella sua estrema semplicità.
L'ineffabile ha un che di toccante. Al di là delle sovrastrutture.



mercoledì 3 agosto 2016

Cena in terrazzo tra i monti

Abbiamo un tavolo piccolo e stretto, sul balcone, che è appunto lungo e stretto.
Ci si sta in quattro appena appena.
Gli amici si incastrano sotto la parte lunga, e di lí non si muovono più.
Noi stiamo ai capi del tavolo e entriamo uno da una porta e uno dall'altra.










Ma il panorama è  bellissimo e siamo circondati dal verde, e ritrovare gli amici cari è una festa.

Buona serata a tutti.

Detour a Carcassonne

Insomma, ottengo sempre tutto quello che voglio.
Almeno, lui dice così.
Carcassonne non era prevista, ma vorrei farci un giro, un giro piccolino, e allora facciamo la deviazione.
Un detour a Carcassonne.
Fondata dai Romani, pare onnipresenti-ma quanto tempo fa-, diventa feudo del Signor di Trencavel e poi passa in modo sanguinoso a Simone de Monfort.
In mezzo Saraceni Visigoti e altro.







Una storia di contese per una cittadella fortificata che ha un'importanza strategica, così arroccata su un colle.
Nel 1659 passa alla Francia: è ora una proprietà di stato e cade lentamente in rovina. A tal punto che la si vuole distruggere, come un relitto senza importanza. Sollevazione di intellettuali. Restauro di Viollet-Le-Duc che ne fa, in modo poco filologico ma estremamente affascinante, una tipica rocca medievale, forse non com'era, ma come avrebbe potuto essere.
Ed ecco le mura con le porte. Le torri con i loro tettucci conici.





















Gli orti tra i muri. Le stradine e le piazzette.
Il fascino antico di un borgo medievale che nasce dalla storia e dalla fantasia.
Ci aggiriamo tra miriadi di bottegucce, duecento caffè, piccoli bar e ristorantini. Folla intorno a noi.
Mangiamo un paninetto e ciliegie su una panchina con vista su mura merlate e torrioni.
Scendendo per le stradine incontriamo la basilica dei Santi  Nazario e Celso.
Entriamo, grati per il fresco e il silenzio, in questa meraviglia gotica.




























Le antiche vetrate sembrano gioielli, e illuminano di colori gli spazi, alti come preghiere.

Carcassonne lo vale, il detour.
Assolutamente.



  

Buon mattino con il bouquet di gerani

Siamo scappati dal caldo di Torino.
A Bardonecchia si indossa il golf e l'aria è frizzante come il prosecco.
Sul mio balcone tutte le talee hanno attecchito. Sono gerani di tipo diverso e di colori diversi.
In un vaso sono accostati il bianco, il rosa pesca, il fucsia, un malva che tende al violetto.











Sembra un prezioso bouquet.
Buon mattino a tutti.

























martedì 2 agosto 2016

realtà aumentata

I miei ragazzini hanno catturato 3 pokemon.
Ieri me li hanno fatti vedere.
Uno è una chiocciola con due teste. Uno non me lo ricordo affatto. L'altro, che mi sembra simpatico, è una specie di palla rotante con un sorrisone affettuoso.
Hanno trascorso due giornate a girare per la città, cellulare in mano, per trovare i surreali oggetti del desiderio. Per poi catturarli, inglobandoli in una bolla.
Loro per le strade di Torino, via Garibaldi e i giardini Pietro Micca, bimbi reali in una città reale.
Ma alla scoperta di una dimensione nuova, che dilata la realtà. Una dimensione digitale che aggiunge al reale un che di onirico, di fantastico.
Questo gioco nuovo, la caccia ai Pokemon, a me sembra una invenzione fantastica.
Anche noi si viaggiava in altri mondi, leggendo.
Ma ora puoi far parte di un extramondo che si aggiunge al tuo.
Diventi il "varco" tra la tua realtà consueta e il mondo di queste creature combattenti. 
A me piace Picachu, con la faccina tenera e le guanciotte rosse.







































Questo cane, sfinito, è stato coinvolto nella caccia ai Pokemon.
Non ne può più.
Cosa gli interessa una realtà aumentata?