giovedì 18 giugno 2015

il blog come psicoterapia/ ricordo d'infanzia 2: mobbing

Non vado ancora a scuola.
Trascorriamo le vacanze "in campagna", o meglio in mezza montagna, dove papà e mamma hanno affittato un alloggio.
Una località vicina a Torino.
Papà lavora. Ci raggiunge il fine settimana.
Io godo di una libertà insolita per una bimba della mia età. Vado in giro per la campagna, in brevi vagabondaggi avventurosi, da sola.
Ho anche conosciuto Anita, una ragazzina del posto, più grande di me.
Mi piace, Anita; è esile e alta, ed ha un bel taglio di capelli, appena sotto l'orecchio, che le invidio molto.
La mamma mi pettina con le trecce, e le infiocchetta con cura. A volte pinza quella a destra a sinistra e quella a sinistra a destra, e così sembro un cestino.

Anita mi chiede di andare con lei, questa sera.
Ci saranno dei suoi amici e faremo un bel gioco.
Mi ricordo il posto. Sotto gli alberi, su di una collinetta sabbiosa. Ci sono tre mucchietti di sabbia, tre coni che sembrano castelli  venuti male.
"In uno di questi mucchietti è nascosto un tesoro.  Scegline uno e scava", mi dice Anita".
"Con cosa?"
"Con le mani."
Sono piccola, ingenua e avventurosa.
Mi scelgo un mucchietto e scavo veloce, come una piccola talpa.

















L'odore, le risate, la consistenza, mi fanno capire qual è il tesoro sepolto.
Corro corro corro veloce, via da quello scherno, con tutte le mani sporche di cacca.

Non piango. Non dico niente a nessuno. Mi vergogno troppo. Mi lavo a lungo le mani: una, tre, dieci volte.

"Non esci più con Anita?"Mi chiede la mamma.
Faccio di no con la testa.
"Perché? Sembra così carina."
"Non mi va."

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