Ma sono solo parole e concetti astratti o si nasconde in me un'anima nera di insofferente razzista?
Cappuccino e brioche al bar, con tanto di giornale.
Un momento prezioso, tanto più che quel mostricciattolo del colesterolo cattivo imporrebbe una dieta povera di grassi e di sorrisi.
Mi si avvicina un signore piccolino, con una gran testa arruffata, tipo Einstein, una giacca sbrindellata e le unghie orlate di nero.
"Me lo offri un panino?"
Alzo gli occhi dal giornale, che mi racconta l'impresa della Juve in Champions, e fisso due occhi acquosi e quasi imperativi.
"Ma sì, dai"
Insofferente e condiscendente.
"Lo prendo alla frittata, va bene?"
"Va bene, la frittata va bene."
Torno alla Juve e al mio cappuccino, ma sento un fastidio e una specie di costrizione.
Insomma, come sono io ?
Una disponibile o una cattivissima dentro?
Come Clint/Walter Kowalski con i suoi nuovi vicini all'inizio di quello splendido film che è "Gran Torino"?
Ma kowalski si lega, al di là del suo razzismo dichiarato e del suo carattere burbero, ai giovani vicini asiatici hmong Tao e Sue, in un legame autentico, semplice, privo di retorica.
Come sono io?
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