martedì 27 ottobre 2015

Enrichetta numero13: che ne è della bellezza?

Triste da dire, ma è così. 
Il tempo che scorre è come una pietra abrasiva.
A poco a poco cancella la bellezza.

Prima cancella lo splendore, appanna tutto quello che è lucido e fresco: la pelle, i capelli,il sorriso.
Poi tesse una ragnatela sottile, scava e consuma.
Con un lavorio costante, appena percettibile, ma quotidiano.
Quasi non te ne accorgi, ma poi ti guardi con attenzione e  non ti riconosci.

Il tempo è una livella: chi è stato bello, con gli anni, peggiora infinitamente di più di chi bello non è stato.
La rivincita dei brutti. Si arriva tutti allo stesso traguardo.

Allora sì che diventano importanti le risorse interiori, la serenità, la gentilezza, l'interesse per gli altri, l'armonia.

Invecchiare con grazia non è un fatto di silicone e di diete, ma proprio di gioia interiore.
Specchiamoci negli occhi di chi ci ama: vedremo ancora intatta la nostra bellezza.
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Enrichetta guarda Anna che si è raccolta i capelli in una treccia alta sul capo.
"Sei molto carina così"."Non m'importa. Raccolgo i capelli perché devo arrampicare e mi danno fastidio. Mi sbattono in faccia. E poi si possono impigliare nella corda."
Anna non ci pensa molto, alla sua bellezza.
Preferisce jeans, leggins e maglioncini ai vestiti e alle gonne. Lei è un tipino sportivo, bellissima nella sua acerba semplicità.
"Ma è importante essere belli?"
"Vieni che ti racconto una storia:   

“Paride se ne stava sdraiato sotto un leccio.
Paride era un principe bellissimo, ma faceva il pastore, come voleva suo padre, il re Priamo, perché se ne stesse lontano dai guai.
Guardava pascolare le sue pecore e un po’ si annoiava. Non succedeva mai niente, quando faceva pascolare le pecore. 
Le pecore erano tutte bianche, ma in mezzo a loro, puf, ecco una nuvoletta mille volte più bianca.
E da quella nuvoletta, puf, ecco uscire una signora bellissima.
E poi un’altra nuvoletta, puf, e una seconda signora ancora più bella. E un’altra nuvoletta, puf, e una terza signora, puf, mille volte più bella.
Paride guardava frastornato le tre signore bellissime e pensava di sognare.
Quando, pum, una piccola mela d’oro cadde dal leccio-una mela da un leccio?- proprio tra le sue mani. Sopra c’era scritto “alla più bella”.
Paride ora aveva gli occhi grandi come piattini da the, e pensava di essere impazzito, quando un vocione, che non si sapeva bene da dove veniva, gli disse:
“Paride, davanti a te ci sono tre dee, Era, Atena e Afrodite.
Darai la mela d’oro a chi ti sembra la più bella”.

La prima dea aveva pelle bianca e grandi occhi bruni.
Si avvicinò a Paride e gli disse:
“Io sono Era, moglie di Zeus, il re di tutti gli dei.
Se dai a me la mela avrai tutto il potere e le ricchezze  del mondo”.




"Bella, bella, forse un po’ troppo in carne per i miei gusti.
Ma cosa me ne farei di tanto potere e ricchezze?"
  
La seconda dea era alta e snellissima, con occhi azzurri come il ghiaccio. 














Si avvicinò a Paride e gli disse:
“Io sono Atena, dea delle guerre e della sapienza.
Se dai a me la mela avrai tutta la saggezza del mondo e sarai sempre vincitore in battaglia.”

"Bella, bellissima, un po’ troppo ossuta per i miei gusti.
La saggezza? Boh, le persone troppo intelligenti le trovo noiose.
E poi sono un pacifista, come le mie pecore".
   
La terza dea era morbida come un gelato e flessuosa come un giunco, aveva lunghi capelli biondi, occhi azzurri come il mare, pieni di luce, e una bocca che sembrava una fragola.






















Si avvicinò a Paride e gli disse:
“Io sono Afrodite, dea dell’amore. Se dai a me la mela incontrerai la donna più bella del mondo che si innamorerà di te”. 

"Questo sì che mi piacerebbe!"

Paride si alzò e pose la mela d’oro tra le mani di Afrodite, che gli sorrise con infinita dolcezza, con quella sua bocca da fragola.

“Ed è davvero la più bella, infinitamente più bella.”

Poi, puf, le tre dee scomparvero nelle loro nuvole bianche, in un puf, proprio come erano venute.” 

Enrichetta si guarda nel ruscello.
“Neanch’io sono da buttare via.


Per essere una gallina, intendo”.

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