Le tele sono appese su pareti rosse, illuminate da una calda luce diffusa.
Anche dai quadri pare sprigionarsi una sorta di luce. Le pennellate sono fluide e materiche allo stesso tempo. Il rosso domina, accanto al bianco pastoso.
A volte risaltano unici particolari vermigli in una composizione di bianchi e bruni, come accenti di vita.
Che dunque non ha questa splendida natura morta, tutta giocata sul riserbo dei beige, dei bianchi, dei marroni, degli ocra.
"Al caffè Greco" la donna è sensuale, elegante, lievemente assorta in pensieri lontani. Sono visi cari, contemplati con l'amore che Kalyuta riserva al suo mondo intenso di affetti famigliari.
Il ritratto del figlio, con il bianco innocente protagonista assoluto.
Famiglia e pittura. I due mondi dalla poetica di Kalyuta. I particolari, anch'essi giocati sul rosso, sono quadri nel quadro.
I sandali rossi, la natura morta sul tavolo.
Tutto rosso, abbacinante, il grande "Conclave", dove le tiare dei vescovi prendono forma in pennellate nervose di bianco.
Le forme, se non i colori, ti fanno pensare a El Greco, a Velasquez.
L'omaggio a Manet, in una luminosa rivisitazione dell'Olympia. Poi i tanti ritratti, anche a pastello.
Intensi, emotivi. Ti chiedi dei pensieri che vivono dietro a queste fronti. C'è uno strano legame tra te che osservi, i soggetti ritratti, il pittore. Un legame che passa attraverso alla condivisione dei sentimenti: una forma di empatia.
La pennellata fluida, i colori vibranti, la sinuositá delle forme, ti fanno pensare a Matisse.
Ma Kalyuta è più partecipe, più sentimentale e meno sensuale.
È molto poetico. Anche nei paesaggi. Nelle grandi vedute del suo viaggio in Italia.
Roma, Venezia.
Mi piace particolarmente questa casa rossa di Venezia, permeata di luce.
Che bella.
Dunque una mostra da non perdere. Se non fosse già finita.
Ti fa passare sopra agli incongruenti filmati, tutti in russo. Magari i sottotitoli?
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