giovedì 27 agosto 2015

pecore verso il colle del Frejus

Finalmente gli alberi!

Dopo tanta Islanda, con solo sparuti gruppi di betulle frangivento e macchie di pini appena piantati per ingentilire i dintorni delle rare fattorie, mi rifaccio gli occhi con i pioppi, i ciliegi selvatici, gli aceri di montagna, gli abeti, i larici delle nostre belle montagne.






























Tutte le tonalità  di verde, i tipi di tronchi, le varietà di foglie.
Ho scelto io la meta, una casermetta a poco più  di un modesto dislivello sui 300 metri, verso il colle Frejus.
Sono fuori allenamento.
Faccio fatica a salire su questo sentiero che si inerpica veloce, tra sassi e roccette, lungo il fianco della montagna.
Arriviamo ai prati.
Si spalancano scorci montani dolcissimi.
Di nuovo pecore, come in Islanda, sparse lungo il letto di un torrente.





















Ma ci sono pastori e cani per radunarle.
Di lontano sembrano sassi bianchi.
I loro belati riempiono la valle lontana.

Mangiamo un panino, un frutto, un pezzo di formaggio.
Qualcuno si cimenta con l'insalata senza la forchetta. Un grissino risolve la situazione.
Il sole ci colora le guance.
Riposiamo su di un soffice strato di erba, tra il ronzio degli insetti, nel silenzio che si addice alla montagna.


Tornando, ci inteneriamo di fronte agli agnellini, nati da poco, che zampettano sotto il ventre delle loro madri.








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