Curioso paese, questa Islanda.
Pochi fronzoli nelle case. Nessun albero. Niente verdure se non a peso d'oro. Poco consumismo. Spiccato senso d'appartenenza.
Bandierine islandesi dappertutto. Legami tenaci con le radici vichinghe.
Non hanno neanche i cognomi, i cosiddetti " nomi di famiglia".
Utilizzano i patronimici, come i vichinghi di una volta.
Un sistema semplice e complesso allo stesso tempo.
Poniamo che Aldo Gustavson abbia una figlia che chiama Elena. Elena si chiamerà non Gustavson, ma Aldodóttir, cioè Elena figlia di Aldo.
E suo fratello Luigi si chiamerà Aldoson, cioè figlio di Aldo.
Per cui pare alto il rischio di chiamarsi nello stesso modo.
" Ehi, Olaf Gustavson!". Che è come dire Olaf figlio di Gustav. Se ne arrivano due si può rimediare ricorrendo al nome del nonno.
Insomma da noi sarebbe un pasticcio.
Ma certo gli Islandesi confidano sul fatto che in un paese come il loro, con solo un 300.000 abitanti per un territorio di 100.000 kmq, la probabilità che coesistono nella stessa area due Olaf Gustavson sia ragionevolmente bassa.
Ci è parsa affettuosa l'usanza di porre una targa sulla porta di casa, che riporta l'elenco di tutti i componenti della famiglia, tipo:
-Eric Olafson
-Ingrid Peterson
-Sofia Ericdóttir
-Rudolf Ericson.
Se poi il padre ti sta proprio antipatico, puoi sempre scegliere di utilizzare il nome della madre.
Ma pare che sia un evento raro.
Molto carina ed esauriente questa illustrazione di usanze tanto più semplici delle nostre, ma nello stesso tempo significative di una società strutturata in modo lineare con una forte coesione familiare :
RispondiEliminaBrava, come sempre, Germana a farci partecipi delle sue esperienze:
Anna
Proprio vero quello che dici, della forte coesione familiare.
EliminaTi porti dietro, nel nome, un pezzo di famiglia.