domenica 30 agosto 2015

Il museo dell'aringa a Siglufjördur

Bimbi stanchi dopo la lunga, gelata e poco produttiva caccia fotografica alle balene  (una coda e qualche delfino; momento clou la cioccolata calda con le ciambelle).
Meta di oggi: il villaggio di pescatori di Siglufjördur, con l'imperdibile museo dell'aringa.

Sembra una barzelletta. Nessun entusiasmo tra la ciurma. I pitufet (Mi mancano i pitufet) si lasciano trasportare come piccoli pacchi rassegnati.
Costeggiamo il  fiordo tra panorami di incredibile bellezza, con le solite pecore sparse  in luoghi improbabili.(Islanda natura 3)



















Scariche di adrenalina lungo le gallerie che forano le montagne. Undici chilometri di strada scavata nella roccia a un solo senso di marcia, con le salvifiche  MU, che non sono mucche, ma piazzole, ad alleviare il nostro senso di oppressione. 
Una volta Siglufjördur si raggiungeva solo per mare o con piccoli aeroplani, o a cavallo. 
Dopo il boom  delle aringhe, oggi inspiegabilmente scomparse, così  come erano arrivate, vennero costruite strade carrozzabili e queste particolari gallerie.
Siamo arrivati.
Casine colorate dai tetti a punta accendono il grigio della giornata  piovosa. 










Una grande sagoma di aringa di fronte al porto ci segnala che il posto è  quello giusto.

















Il museo è  ospitato in più  capannoni, che erano proprio gli stabilimenti di lavorazione e salatura delle aringhe e gli alloggiamenti dei lavoratori.
















L'interno è  una sorpresa. I pavimenti sono di legno come i ponti di una nave. Imbarcazioni che sanno di mare si possono esplorare scendendo sottocoperta.


















Reti, galleggianti, attrezzi, fotografie dell'epoca.  
Filmati continui che ci mostrano valanghe di aringhe guizzanti scaricate sui ponti delle imbarcazioni e facce di pescatori soddisfatte
I bimbi sono usciti dal loro torpore diffidente e scorrazzano entusiasti
Vediamo le macchine per lavorare le aringhe, separare l'olio di pesce e produrre la farina di pesce. Vediamo i sacconi di sale e i barili.

















Ci interessano tanto alcuni filmati dell'epoca, che ci raccontano il lavoro  febbrile, pesantissimo ma entusiasta, di uomini e donne, pescatori, pulitori, salatori di aringhe.


















Mia figlia traduce in diretta dall'Islandese. Bimbi ammirati ed esterefatti prima di capire lo scherzo.
Risate generali.
Siamo tutti entusiasti di questo interessantissimo museo, allestito con cura ed amore dai volontari, orgogliosi del glorioso passato di Siglufjötdur. Vincitore di premi. Testimonianza di un'epoca d'oro tramontata.
Le aringhe, questa eccezionale ricchezza, oggi "are gone".
Misteriosi animali forse migratori -oggi pare di no-, o forse attenti alle variazioni della Corrente del Golfo per riprodursi in acque fredde e adeguatamente saline.
Scomparse da qui, come temporanei miraggi.

Mangiamo al Caffè  rosso, un posticino delizioso dove ci servono assaggi di aringhe, affogati, ahimè, in un bagno di ketchup.
Il piatto migliore sono le enormi fette di torta con la panna montata.
















Il cielo si è aperto in sprazzi di sole e i bimbi festeggiano tra fiori e panchine. 

















E dunque, se siete in Islanda, visitatelo, questo piccolo meraviglioso museo dell'aringa. 

Vale la pena.






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